Quando ciò accade la persona tende a sviluppare varie tipologie di comportamento, in genere di tipo patologico, al fine di tenere sotto controllo le forti angosce che la attanagliano continuamente. Un esempio è il comportamento di evitamento, attraverso il quale la persona evita volontariamente e ripetutamente il contatto con la fonte d’ansia (per esempio la vicinanza ai cani nel caso di soffre di fobia verso questi animali), alimentando in maniera sempre maggiore la paura verso di essa. Nei casi più gravi può accadere che la persona perda la consapevolezza della fonte della propria ansia, rimuovendola a livello inconscio. Il meccanismo di difesa della rimozione agisce come una sorta di censura della mente, relegando i pensieri e i ricordi spiacevoli e minacciosi ad una parte inconscia della psiche. Questi elementi non vengono più ricordati, tuttavia restano presenti e continuano, di tanto in tanto, a generare angoscia. A questo punto l’ansia diventa generalizzata e non ha apparentemente una causa visibile.
Un altro fattore importante da tenere in considerazione è costituito dai vantaggi secondari del comportamento di evitamento. Infatti chi soffre di ansia può in un certo senso “approfittare” della sua situazione per ottenere aiuto dagli altri, magari anche in modo non del tutto consapevole; per esempio, tornando all’esempio del cinofobico (chi soffre di paura dei cani), egli potrebbe evitare di uscire di casa da solo per paura di essere aggredito da un cane e chiedere ad un familiare o ad un amico di accompagnarlo ogniqualvolta deve allontanarsi da casa. O addirittura chiedere ad un’altra persona di svolgere le attività al posto suo. Questo tipo di comportamento non fa altro che tenere la persona a distanza dalla sorgente delle proprie angosce, impedendole di affrontarle e risolverle costruttivamente.
Un tipo di ansia disfunzionale molto diffuso è, per esempio, l’ansia di prestazione. Essa si manifesta spesso negli studenti universitari, sotto forma di ansia da esame. Da un punto di vista cognitivo, l’ansia da esame determina sentimenti di fragilità ed inadeguatezza. La vulnerabilità dello studente che soffre di questo tipo di ansia è legata alla prestazione, ovvero alla paura di ricevere un voto basso, di perdere la stima dei propri genitori o del partner, o di vedere compromesso il proprio giudizio sociale. La rigidità di questa posizione subisce continui rinforzi da varie idee irrazionali del tipo: <<Devo essere perfetto>>, <<Ho valore solamente se ottengo risultati>>, <<Se non ho successo gli altri mi criticano, mi isolano ed emarginano>>. Tale visione assolutistica viene inoltre proiettata nel futuro, il quale viene immaginato come desolante e privo di possibilità di miglioramento, generalizzando la situazione dell’esame a tutte le altre situazioni della vita: <<Diventerò un buono a nulla>>, <<La mia vita sarà insoddisfacente ed inutile>>, <<Gli altri non mi stimeranno mai>>.